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    Paolo Cevoli e i ragazzi della scuola Santa Filomena

    Cari amici, ragazzi e genitori, è un grande piacere per noi condividere uno dei momenti più divertenti (e profondi) di questo anno scolastico.

    Abbiamo avuto il privilegio di incontrare una persona che ha fatto della sua passione più grande un lavoro, una professione di successo. Una persona che ha parlato ai ragazzi di talento, voglia di imparare sempre cose nuove. Li ha invitati a non tirarsi mai indietro, e a dare sempre il massimo, in qualunque cosa si cimentino.

    Questo è stato il suo intervento

    Mi chiamo Paolo Cevoli sono nato nel 1958, vengo da Riccione, sono sposato con Elisabetta da 33 anni, ho due figli Giacomo e Davide e sono nonno di Tommaso.

    Vi racconto la mia storia. Sono nato nella pensione dei miei genitori che si chiamava pensione Cinzia come mia cugina che però è nata dopo quindi non so perché si chiamasse Cinzia. E come capitava quella volta, d’estate lavoravo: facevo il cameriere nella pensione. Qual è il segreto per essere un bravo cameriere? Guardare negli occhi che equivale a dire, anche senza parole: “Tu esisti, questo caffè è per te”. Dal mio babbo e dalla mia mamma ho imparato a guardare la gente nelle palle degli occhi. Qual è lo scopo di un bravo cameriere? Rendere il cliente felice. E come? Lo servi. Lavorare significa servire gli altri. Il mestiere del cameriere, dice Benigni nel film La vita è bella, è il mestiere più nobile del mondo perché assomiglia al lavoro che fa Dio. Il mio babbo, che pure non aveva studiato, mi diceva sempre: “Paolo, quando sono contenti i clienti siamo contenti anche noi”. Da questo ho imparato che la mia felicità dipende da quella degli altri.

    Quando facevo la I media, sentivo in me di avere qualcosa di artistico e pensavo fosse il disegno: la mia prof. ci insegnava le varie tecniche e io spendevo un sacco di soldi in colori e matite ma i miei disegni facevano schifo. In II media mia zia mi regalò una chitarra Eco e ho pensato di diventare un chitarrista come il vostro preside, ma ero scarsissimo. Ad un certo punto ho capito che mi piaceva raccontare barzellette.  Ho frequentato il liceo scientifico Volta perché era vicino a casa mia, ma avrei preferito il Classico: mi sono pentito moltissimo perché ho fatto una scelta di comodo, quella più facile, non corrispondente al mio desiderio. Poi ho studiato Giurisprudenza a Bologna e volevo fare il giornalista perché mi piace molto scrivere, perché scrivendo racconto quello che sono. Dopo l’università ho cominciato a lavorare in una catena di fast food, “Italy and Italy”, ne sono diventato il capo e facevo il manager. Ho aperto tanti locali e in uno di questi, a Bologna, ho conosciuto i comici di Zelig, che, finiti i loro spettacoli, venivano a bere e mangiare da me e mi hanno spinto a cambiare mestiere. Io ho capito la mia vera vocazione a 44 anni: raccontare delle storie facendo ridere.

    Ti è mai capitato di piangere? Perché?

    Uno piange quando è molto triste, disperato e ride quando è felice. La differenza fra il pianto e il riso è molto sottile: il poeta Milosz dice che le cose più belle sono quelle che fanno piangere e ridere insieme.

    L’unico essere dell’universo capace di ridere è l’uomo perché per ridere devi essere intelligente.

    Una condizione fondamentale per ridere è la compagnia non si ride mai da solo. Quando un bambino ride da solo i nostri vecchi dicono che ride con gli angeli. Si può piangere da soli ma si ride solo in compagnia.

    Qual è stato il tuo primo spettacolo?

    I primi spettacoli che ho fatto si chiamavano frizzi cioè delle scenette che io facevo con i miei amici quando andavo nelle gite e nei campeggi. Ho cominciato a fare i frizzi in seconda media e poi non ho più smesso al liceo durante le due ore di inglese il mio prof quando si stancava di fare lezione mi diceva dai Cevoli racconta qualcosa e io mi inventavo ogni volta barzellette nuove per far ridere i miei amici.

    Ti saresti aspettato tutto questo successo e adesso vorresti cambiare mestiere?

    Quando ho debuttato a Zelig nel 2002, sono diventato famoso di colpo e non mi aspettavo che la gente mi fermasse per strada. Nel 2005 ho dovuto scegliere se continuare a fare il comico o riprendere il mio mestiere. Ancora non so bene quale mestiere faccio: Adesso faccio il teatro ma dal prossimo 9 maggio sarò uno Youtuber. Anche se non sono certo un appassionato dei social perché, come dice Lady Gaga, “della bellissima nave da crociera che è Internet, i social sono il gabinetto”.

    Che cosa fai in teatro di che cosa parlano i tuoi spettacoli e come sono nati? Io sapevo solo raccontare le barzellette agli amici non sapevo fare altro: ho dovuto imparare a fare televisione e poi ho dovuto imparare a fare teatro e adesso devo imparare a fare lo Youtuber. Due grandi maestri per me sono stati Gino e Michele, che erano gli autori di Zelig, e poi il mio regista Daniele Sala. Nel 2015 ho fatto anche cinema con un mio film dal titolo “Soldato semplice”. In questo momento faccio teatro. È  la cosa che mi piace di più perché ogni sera vedo gente diversa. Sto facendo quattro spettacoli contemporaneamente di un’ora e mezza circa ciascuno per un totale di sei ore e li ho imparati a memoria. Non avevo una grande memoria ma ho lavorato tanto per esercitarla e tenerla allenata. Il primo spettacolo teatrale che sto facendo si titola la Bibbia: mi immagino di essere uno dei personaggi della Bibbia (Caino, Abele, Adamo, Eva, Davide, Mosè) oppure mi immagino che uno di loro oggi sia qui in Romagna. Come sarebbe Mosé se fosse qui? Come sarebbero Adamo ed Eva in un paradiso terrestre tipo Mirabilandia con i loro figli Caino e Abele? Il secondo spettacolo che faccio si titola Flez denz: è una breve storia del cinema dai cavernicoli a Fast & Furious. Un terzo spettacolo è il racconto della vita di Gioacchino Rossini.

    Uno spettacolo gira due anni e la stagione teatrale va da ottobre fino ad aprile. Ne sto scrivendo uno nuovo che debutterà a ottobre e ha come tema la famiglia si intitolerà “La sagra famiglia”.

    È  felice di tutto quello che ho fatto o se ne pente?

    Sono molto felice di tutto quello che ho fatto. “Mei di ‘se, l’han po ‘nde!” sono le parole che mi ha detto un nonno ed è vero è la sintesi della felicità. Ho avuto tante cose, tante altre le ho sbagliate e spero di sbagliare sempre meno ma sono molto felice di tutto quello che mi è capitato.

    Che libri ha pubblicato?

    Ho pubblicato sei libri e adesso ne sto scrivendo un altro. Un cuoco per far da mangiare va al mercato e compra i pomodori, le patate, l’insalata, le uova; le mie materie prime sono le cose che mi capitano come l’incontro di oggi e i libri. Io non guardo mai la TV, mi piacciono i libri, sono la mia fonte di ispirazione.

    Dove trovi la comicità nella vita?

    Dappertutto. La comicità si trova ovunque e sempre. Mio babbo Luciano, da cui io ho preso tutto, è stato malato per 10 anni; faceva la dialisi. Ma non ha mai smesso di dire battute. Trovava il coraggio e l’intelligenza di fare delle battute anche quando c’era del dolore. Quando io accompagno mia mamma Marisa al cimitero lei ride sempre perché “mi vengono in mente le patacate che diceva tuo babbo”. Da questo io ho imparato che la morte non è l’ultima parola. Ridere anche di fronte alla morte non vuol dire essere stupidi. Ridere vuol dire che sei felice perché qualcuno ti vuol bene e quindi anche le cose più brutte non sono  contro di te.

    Da cosa ti sei accorto che avevi talento?

    Quando gli altri mi hanno detto sì, ma la vera domanda è cos’è il talento? Il talento è una moneta antica. C’è la parabola dei talenti che ci insegna che il dono che abbiamo ricevuto va giocato, va speso. Il talento non è solo quello che sai fare ma quello che tu sei, la mia esistenza che mi viene data ed è un dono.

    C’ è un modo per non sbagliare la scelta che devi fare?

    Gli unici sbagli che ho fatto io sono stati quelli nati dal mio tirarmi indietro, scelte di comodo. Quello che conta in una scelta è sempre dare il massimo e non vivere col freno tirato. Le mie scelte scolastiche rispetto al mio lavoro non c’entrano niente: ho buttato via dieci anni di vita? No perché ho vissuto tutto con passione dando il massimo.

    Qual è il tuo lavoro preferito?

    Fare teatro, anche se è molto faticoso.

    Hai mai pensato di mollare tutto?

    No perché quello che faccio mi piace. Siamo fatti per le cose belle e quando incontriamo una cosa bella non la lasciamo più perché per noi è un tesoro.

    È mai successo che qualcuno non ridesse alle tue battute e tu hai provato un momento di imbarazzo?

    Non è certo facile dire delle cose serie facendo ridere, è come camminare su un crinale con il burrone di qua e di là. Io vado avanti non ho paura se la gente non ride io sono un caterpillar. Se c’è anche uno solo che ride, lo spettacolo lo faccio per lui, se non c’è nessuno, lo faccio per gli angeli.

    Che cosa significa ironia?

    Dire una cosa per dirne un’altra, con leggerezza. Chesterton dice: “Sapete perché gli angeli volano? Perché…si prendono alla leggera!”. Quando uno si dà peso è vinto dalla forza di gravità; se uno invece non si dà peso, si prende un po’ in giro con ironia, vola. Questa è la comicità che mi piace. Anche se dico delle cose un po’ volgari, perché il romagnolo è un po’ volgarotto, la mia comicità è leggera.

    Qual è la cosa più stupida che hai fatto?

    Non ho studiato abbastanza. Ho solo questo rimpianto.

    Qual è la persona del mondo dello spettacolo che ti ha colpito di più?

    Claudio Bisio, perché mi ha preso per mano e mi ha spinto a non fermarmi, e gli amici con cui lavoro. Io scrivo da solo poi mi vedo con qualche amico e diciamo un po’ di patacate.

    Adesso basta.

    Io vi auguro di passare questo ultimo mese di scuola e tutti gli anni della vostra vita spendendo al massimo il vostro talento, perché solo così troverete la vostra strada, la vostra passione.

    Ciao!

    Le riflessioni dei nostri ragazzi

    Meritano tanta attenzione gli interventi e le riflessioni scaturite nella mente e nel cuore dei ragazzi dopo l’incontro.

    Eccone alcune:

    Manuel IA

    Mi è piaciuta la lezione di Cevoli sul lavoro quando ha detto che lavorare vuol dire servire.

    Maddalena IA

    Mi è piaciuto il suo percorso nel cercare il suo talento. Ho capito che devo stare più attenta ai miei talenti per trovare quello giusto.

    Giulia IA

    Ho capito che non devo fare una scelta di comodo (come già stavo facendo), ma rischiare e fare le mie fatiche.

    Margherita IA

    Sono stata colpita dalla sua tenacia nel cercare il suo talento. Voglio imparare da lui ad essere più forte.

    Federico IA

    Se tu fai un lavoro che serve a qualcuno, in qualche modo ne sei ricambiato. Pensare al lavoro così mi è sembrato molto bello. Questo mi dà motivazione nello studio per cercare di diventare qualcuno.

    Sveva IA

    Paolo mi ha fatto capire che sbagliando si impara perché è grazie ai suoi errori che è arrivato dove è adesso. E poi mi è piaciuto che non provi imbarazzo davanti a un pubblico che non capisce le sue battute e si senta se stesso, apprezzato.

    Andrea IA

    Attraverso le sue battute, Cevoli ha raccontato la sua storia.

    Luca IA

    Fare del bene agli altri vuol dire servire il meglio possibile. Mi piace!

    Giulia IA

    L’incontro con Cevoli mi ha fatto nascere questa domanda per me e per i miei amici: per chi e per che cosa studiamo?

    Tjago IIB

    Io guardo sempre spettacoli di comici, ma sono rimasto stupito dal suo modo positivo di guardare e raccontare la realtà.

    Pietro IIB

    Cevoli ci ha insegnato come usare la nostra vita quando ha detto di non scegliere un a cosa in base alla comodità.

    Giulio IIB

    Paolo Cevoli non è venuto a farci ridere, come qualcuno potrebbe pensare, ma ad indicarci una strada.

    Alessandro IIB

    Sono rimasto colpito perché ci ha trattato da amici, come se ci conoscesse già tutti, perché ci ha parlato di sé dandoci degli insegnamenti e io mi sono sentito voluto bene.

    Angelo IIB

    Non sapeva fare niente e poi ha scoperto il suo talento scavando fino in fondo a sé. Anch’io voglio scoprire il mio talento.

    Gaspa IIB

    È stato attento a noi dicendo battute non troppo stupide ma nemmeno troppo difficili e ha avuto il coraggio di raccontare i suoi fallimenti. Ho imparato che si può sempre ricominciare.

    Rachele IIB

    Ho capito che non bisogna fermarsi al primo ostacolo , ma continuare a cercare.

    Benedetta IIB

    Io ho imparato che non devo prendere la strada più corta, ma quella che mi suggerisce il cuore. Non mi devo buttare via.

    Emma IIB

    Nell’incontro con Cevoli ho capito che noi dobbiamo essere tenaci con i nostri desideri e stare attenti a quello che succede che ci suggerisce la strada da prendere.